2024-08-15 12:20:53

Ryan Reynolds rimpiange il fatto di essersi “allontanato” dal padre.

L’attore 47enne ad un certo punto pensò che suo padre James – che è morto nel 2015 all’età di 74 anni – stesse “perdendo la testa” a causa della vecchiaia, ma si è poi scoperto che si trattava della malattia di Parkinson. A quasi un decennio dalla morte del genitore il divo ha ora ammesso di dover “convivere” con il rimpianto di non aver condiviso molto col papà nell’ultimo periodo della sua vita.

Ha detto a People: “All’epoca pensavo: ‘Mio padre sta perdendo la testa’. Mio padre stava davvero scivolando in una spirale dove faticava a distinguere tra realtà e finzione”.

“Di conseguenza tutte le altre persone nella sua vita stavano perdendo la fiducia fondamentale che avevano nel suo modo di pensare. Pensava cose paranoiche tipo ‘sta succedendo questo’ e che ‘queste persone potrebbero essere contro di me’ o ‘questa persona vuole farmi del male’. Cose che erano totalmente lontane dall’uomo con cui sono cresciuto e che conoscevo”, ha aggiunto.

“Sto continuando a mettere insieme i pezzi della storia. Non accettavo la mia responsabilità. Era molto facile per me pensare che io e mio padre non eravamo d’accordo su nulla e che una relazione vera con lui fosse impossibile. E ora che sono più grande, ci ripenso e la vedo più come una mia mancanza di volontà all’epoca, di andargli incontro. Avrei potuto forse essere più con lui verso la fine, ma non c’ero. Io e lui ci siamo semplicemente allontanati, e questo è qualcosa con cui dovrò convivere per sempre”, ha continuato.

La star di Hollywood inviò una lettera a suo padre nei mesi prima della sua morte ed è riuscito così a ottenere una sorta di “chiusura”, anche se avrebbe preferito essere stato al fianco del genitore quando è morto.

Ha detto: “Ci sono sfumature, e ci sono stati molti momenti (di unione, ndr). Ho inviato una lettera a mio padre circa cinque mesi prima che morisse, e di questo sono molto grato. La lettera era sostanzialmente un elenco di tutte le cose incredibili che ha fatto: ogni volta che c’era, ogni volta che giocava a palla con me fuori dopo l’allenamento di baseball”.

“Ogni volta che semplicemente era presente. E se quell’uomo non riusciva ad esprimere le sue emozioni in modo dinamico, beh, molte persone non possono. Era nato negli anni ’40. Va bene. Quindi sono super grato di avergli inviato quella lettera. So per certo che significava molto per lui. Quindi ho ottenuto quella chiusura, ma non ero con lui quando è morto, e avrei desiderato esserci stato”, ha concluso.

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